Momento serietà....

Questo è un commento che ho appena letto sul blog di Daria Bignardi, e mi ha fatto riflettere sulle contraddizioni, sull'ipocrisia e sui mille difetti di quest'Italia.
Si può dare del tutto torto a questa persona? Giudicatelo voi...

"Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di
chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che
la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il
contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non
telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto
telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno
bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case
al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti,
peraltro ormai passati di moda.

Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei
calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del
premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette
no - stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera.
Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà,
che in questo momento, da italiano, io possa fare.

Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo
stereotipo dell´italiano generoso, del popolo pasticcione che ne
combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con
questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di
questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità,
purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi
sull´orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire,
stringendoci l´uno con l´altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione
autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.

Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi
coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo.
Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste
tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti,
per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E
quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io
dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che
attraversano l´economia del nostro Paese.
E nelle mie tasse c´è previsto anche il pagamento di tribunali che
dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e
dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse
pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce
a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.

C´è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a
visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato - come tutti gli
altri - da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n´era proprio bisogno?
Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha
parlato di "new town" e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e
al neologismo: "new town". Dove l´ha preso? Dove l´ha letto? Da quanto
tempo l´aveva in mente?

Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve
essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco
come nasce "new town". E´ un brand. Come la gomma del ponte.

Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura
Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che
"in questo momento serve l´unità di tutta la politica". Evviva. Ma io
non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di
politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti,
avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con
diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che
calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia.
Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che
non c´è.

Io non lo do, l´euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha
servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto
Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo
euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei
lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po´ dei loro risparmi
alle popolazioni terremotate.

Poi ci fu l´Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico
versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo
tutti come è andata. Dopo l´Irpinia ci fu l´Umbria, e San Giuliano, e
di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare
indifferente.

Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima?
Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro:
comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle
scuole crollate a L´Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di
penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio
scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti
di sicurezza per farlo.

Ecco, nella nostra città, Marsala, c´è una scuola, la più popolosa,
l´Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è
un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza
rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha
speso quasi 7 milioni di euro d´affitto fino ad ora, per quella scuola,
dove - per dirne una - nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo
scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C´è una scala
Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il
controsoffitto in amianto.

Ecco, in quei milioni di euro c´è, annegato, con gli altri, anche
l´euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere
nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per
tornaconto.
Stavo per digitarlo, l´sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno
sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la
diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con
il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso
del canone per quella bestialità che avevano detto.

Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa
succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i
furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto
è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l´alibi per non
parlare d´altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la
maggioranza (tutta, anche quella che sta all´opposizione) perché c´è il
terremoto. Come l´11 Settembre, il terremoto e l´Abruzzo saranno il
paravento per giustificare tutto.

Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se
solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare
gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o
quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al
referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova
cosa che penso mi monta sempre più rabbia.

Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia,
il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio
diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia
dentro che diventa pianto, quando sento dire "in Giappone non sarebbe
successo", come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se
il know - how del Sol Levante fosse solo un´ esclusiva loro. Ogni
studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le
costruzioni. Glielo fanno dimenticare all´atto pratico.

E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel
frastuono della televisione non c´è neanche un poeta grande come
Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli
ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno
fatti morire di noia.
Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso.
Come la natura quando muove la terra, d´altronde.

Giacomo Di Girolamo
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